• Mar 11, 2014
  • 3 minutes

Segnaliamo il nuovo numero di Made in China, la newsletter di ISCOS. Pubblichiamo un breve estratto.

Un documento pubblicato dal sindacato ufficiale delinea i problemi più seri nel mondo del lavoro cinese attraverso una casistica che copre l’anno appena concluso.

Negli ultimi anni il panorama del diritto del lavoro cinese è cambiato moltissimo, con la promulgazione di nuove leggi e regolamenti che affrontano praticamente ogni aspetto dei rapporti di lavoro, dai contratti alla sicurezza sociale. Eppure, a dispetto dei notevoli passi avanti, i lavoratori cinesi si trovano a confrontarsi con gli stessi problemi di sempre, almeno stando a una lista di dieci casi “modello” del 2014 pubblicata in gennaio dal sindacato ufficiale.
Analizzando questo elenco ci rendiamo conto che in Cina le regole non mancano, ma che fin troppo spesso queste non sono applicate. Alcuni dei casi descritti rimandano a problemi endemici, come ad esempio la mancata firma del contratto di lavoro, il mancato pagamento dei salari (particolarmente grave nell’edilizia), o ancora la scarsa sicurezza sul lavoro, come nel caso dell’azienda a Kunshan dove decine di lavoratori hanno perso la vita lo scorso agosto.
Sempre rilevante è il problema della discriminazione. Due dei dieci casi della lista riguardano la questione della discriminazione di genere e la mancanza di pari opportunità in fase di reclutamento. Molte aziende preferiscono assumere solo uomini, nonostante vi siano donne ugualmente qualificate per tale posizione, perché in genere si ritiene che le donne non siano ugualmente dedite al lavoro a causa delle incombenze famigliari e della cura dei figli. A trovare posto nella lista del sindacato ad esempio è il caso di una segretaria presso un’azienda nel Jiangsu, licenziata dopo aver annunciato al datore di lavoro il proprio stato di gravidanza. Diffusa è anche la discriminazione nei confronti dei sindacalisti che cercano di fare il proprio lavoro, una realtà ben rappresentata dalla vicenda avvenuta lo scorso dicembre in un impianto della Pepsi nella provincia dello Heilongjiang, quando il presidente della sezione sindacale aziendale è stato licenziato per aver riportato al management l’insoddisfazione dei lavoratori nei confronti del tagli dei sussidi per il riscaldamento. Solamente dopo l’intervento del sindacato cittadino, il rappresentante sindacale è stato reintegrato.
Non manca poi l’annoso problema del lavoro minorile, rappresentato nella lista dal caso di due aziende di Shenzhen che impiegavano ragazzi che non avevano ancora compiuto sedici anni. Entrambi i casi si sono conclusi con multe salate.
La lista si chiude con un caso rappresentativo di un nuovo ordine di problemi, quelli legati alla sicurezza sociale: lo sciopero di decine di migliaia di dipendenti della Yueyuan di Dongguan, che lo scorso aprile hanno incrociato le braccia per protestare contro irregolarità nel pagamento dei contributi da parte dell’azienda. Se fino a qualche anno fa i lavoratori cinesi erano infatti pronti a rinunciare alla sicurezza sociale in cambio di un salario più alto, ora che l’età media è in crescita, pensione e assicurazioni sociali cominciano ad essere una priorità. Per questa ragione è lecito attendersi che nei prossimi anni si verificheranno sempre più controversie e scioperi di questo tipo.
di Laura Battistin

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *