• Mar 11, 2024
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Rabat (TMNews) – Il Ramadan è il mese sacro del digiuno per i musulmani, ma in Marocco non tutti seguono i dettami della religione islamica e un gruppo di persone si sta battendo per i diritti di chi non vuole digiunare. Per questo, da circa un mese, è attivo il movimento “Massayminch”, che letteralmente significa “Noi non digiuniamo”.”La nostra principale richiesta – spiega un rappresentante del gruppo – è la cancellzione dell’articolo 222 del Codice penale, che criminalizza chi non digiuna durante le ore del giorno nei luoghi pubblici”. “Noi non chiediamo – aggiunge l’attivista – che si possa mangiare per le strade, ma che i ristoranti e i caffè possano servire cibo anche ai marocchini durante il giorno, perché non è giusto che lo Stato consideri automaticamente musulmani tutti i marocchini”.Quello che, a occhi laici, potrebbe apparire come una richiesta di buonsenso, si rivela però un problema molto complesso per la società marocchina, come spiega un avvocato. “Per capire l’impatto di questa richiesta – argomenta il legale – dobbiamo considerare questo articolo nel contesto generale. Noi siamo un Paese musulmano, e questo è chiaramente scritto nella Costituzione, così che non lo possiamo cambiare fino a quando l’Islam resta la nostra religione ufficiale”. Il gruppo “Massayminch”, insomma, non sembra riscuotere molte simpatia tra la popolazione marocchina, ma la sua battaglia resta importante per affermare i diritti di tutti, indipendentemente dalle credenze religiose, e non solo in Marocco.

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Rabat, 21 ago. (TMNews) – Migliaia di disoccupati si riversano ogni mattina sulla costa atlantica del Marocco, in particolare tra Rabat e Casablanca, per raccogliere tonnellate di cozze, un ‘sovrasfruttamento’ che minaccia l’ecosistema marino di questa regione molto urbanizzata. E’ l’allarme lanciato dagli esperti. Questi disoccupati arrivano dalle baraccopoli, scrutano ogni giorno il mare e aspettano la bassa marea al mattino presto. Il loro obiettivo è la vegetazione marina, nel dettaglio le cozze. Ammassati sul bordo del mare, i banchi di cozze sono rimossi dal loro ambiente naturale con sbarre di ferro da questo piccolo esercito di pescatori illegali che invade quotidianamente le coste. Bracconieri che agiscono nell’impunità e con le autorità che chiudono gli occhi sulla loro attività che minaccia gravemente l’ecosistema marino. “Non possiamo fermare questa attività perché non abbiamo nulla da offrire come contropartita a questi pescatori”, ha ammesso una fonte del comune di Harhoura, località balneare vicino a Rabat. Le cozze contribuiscono a preservare l’ambiente marino: filtrano alcuni organismi acquatici, depurano l’acqua e migliorano l’offerta di plancton, pesci e vita marina. Ogni pescatore improvvisato raccoglie circa 200 chili di cozze che rivende al consumatore, una volta pulite, a 4,5 euro al chilo; il guadagno medio è di 13 euro al giorno. Il numero di pescatori che opera quotidianamente tra Rabat e Bouznika (50 chilometri a sud) non è ufficialmente registrato dalle autorità, ma secondo una fonte della prefettura di Rabat ammonterebbe a più di 2mila persone. In bassa stagione, il numero si dimezza. TM News

  • 11 Marzo 2024
  • 1 minute

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