L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (in italiano OCSE) ha pubblicato a maggio un documento in cui si analizzano dimensioni, dinamiche e principali caratteristiche dei flussi migratori verso i 34 paesi che fanno parte dell’organizzazione, al 2012: «È necessario fornire delle prove per garantire un dibattito pubblico informato, costruttivo ed equilibrato», scrive l’OCSE nella premessa.
I flussi migratori sono in aumento?
I flussi migratori sono in aumento da decenni, soprattutto a partire dal 1960, anche se questa tendenza (proseguita anche nel primo decennio del nuovo secolo) è caratterizzata da forti fluttuazioni, spesso dovute a questioni economiche o geopolitiche. Dopo un forte aumento alla fine del millennio e un picco nel 2007, c’è stato un netto calo nel 2008 e nel 2009 in coincidenza con la crisi finanziaria globale, che è proseguito negli anni successivi.
Le conclusioni principali del documento, in breve
– I flussi migratori verso i paesi dell’OCSE sono rimasti costanti tra il 2011 e il 2012 a circa 4 milioni. Dal 2007 al 2012 sono però diminuiti del 14%.
– Tra il 2011 e il 2012 i flussi migratori verso l’Italia sono diminuiti del 19%, quelli verso la Spagna sono diminuiti del 22% – e le stesse quote sono dimezzate rispetto al 2007 – e quelli verso il Regno Unito sono diminuiti dell’11% e hanno raggiunto il livello più basso dal 2003.
– I flussi migratori verso la Germania sono aumentati di un terzo tra 2011 e 2012. La Germania ora è il secondo paese dell’OCSE con il più alto flusso di immigrazione, dopo gli Stati Uniti.
– La migrazione verso l’Unione Europea da paesi esterni all’Unione è calata del 12%, seguendo il trend di diminuzione iniziato nel 2008.
– I flussi migratori verso gli Stati Uniti, che sono il primo paese dell’OCSE per numero di immigrati, sono diminuiti del 3%.
Dietro la tendenza ad un aumento sul lungo periodo si trova inoltre una notevole diversità, sia per quanto riguarda i flussi verso i singoli paesi sia per quanto riguarda le diverse categorie di immigrazione: quelle legate alla manodopera, al ricongiungimento familiare e quella per motivi umanitari. «L’eterogeneità nelle tendenze migratorie non è mai stata così marcata come oggi», scrive l’OCSE. Nel complesso, nel corso del 2012, i flussi verso i paesi OCSE si sono mantenuti stabili rispetto all’anno precedente (4 milioni circa), risultando un terzo in più rispetto al 2000 ma inferiori del 14 per cento se rapportati ai dati del 2007.
Da quali paesi?
Messico, Cina, Regno Unito e India sono i maggiori paesi di origine di flussi migratori verso paesi dell’OCSE. Il Messico ha 11 milioni di emigranti, seguito dalla Cina (3,8 milioni), dal Regno Unito (3,5 milioni) e dall’India (3,4 milioni). L’alto numero di emigranti dal Regno Unito ha a che fare anche con gli intensi rapporti con i paesi del Commonwealth e col ritorno ai propri paesi originari di cittadini britannici provenienti da quei paesi.
Verso quali paesi?
Il dato più rilevante è che la Germania, dopo gli Stati Uniti, è diventato il secondo paese per gli immigrati permanenti, superando il Regno Unito e il Canada: nel 2009 la Germania era all’ottavo posto. Gli “immigrati permanenti” sono coloro che si stabiliscono in un paese straniero dove hanno acquisito il diritto di soggiorno permanente. La quota maggiore di immigrati che si trasferisce in Germania (classificata come “altamente qualificata”) è passata dal 30 per cento del 2007 al 34 per cento del 2012. Nello stesso periodo è aumentato anche il tasso di occupazione tra gli immigrati passando dal 66 al 69 per cento. Nel 2012, rispetto al 2011, i flussi migratori verso la Germania sono aumentati di oltre un terzo: la crisi economica dell’Europa del sud ha alimentato gli spostamenti.
Flussi migratori verso la Germania tra il 2010 e il 2013
Al primo posto come destinazione restano gli Stati Uniti nonostante un calo del 3 per cento nell’ultimo anno. Un aumento c’è stato invece in Australia (+ 12 per cento) e in Canada (+ 7 per cento). I Paesi europei dove si sono maggiormente concentrati gli arrivi, determinando un aumento, sono Svezia, Francia e Finlandia dove sono stati raggiunti i massimi storici (anche se i numeri in questione restano relativamente bassi). Al contrario, i flussi (sempre nel 2012) sono diminuiti sia in Spagna (-22 per cento) che in Italia (-19 per cento). In entrambi questi due paesi, i livelli erano più di due volte superiori nel 2007. In una tendenza costante che si è registrata a partire dal 2008, gli afflussi nell’Unione europea da paesi extra-UE sono diminuiti del 12 per cento.
La composizione dei flussi migratori
La composizione dei flussi migratori è variata molto negli ultimi anni: la migrazione familiare è rimasta più o meno la stessa, mentre la migrazione della manodopera è calata all’interno dei paesi OCSE del 10 per cento. Questo dato viene definito “sorprendente” dall’OCSE ma riflette principalmente la diminuzione in soli due paesi europei, Italia e Spagna, e non deve essere letta come tendenza generale. Altrove, la migrazione della manodopera è infatti prevalentemente stabile. La migrazione per lavoro in Italia è tornata al livello precedente al 2007, appena al di sotto di 60 mila, con un calo di oltre il 40 per cento rispetto al 2011. La migrazione tra paesi dell’Unione europea è cresciuta del 12 per cento ma anche questo dato è determinato dall’aumento che si è verificato non in modo omogeneo ma solo in pochi paesi di destinazione, in particolare la Germania.
Nel dato generale dei flussi, la migrazione familiare continua ad essere la principale motivazione dei flussi internazionali. Negli ultimi anni sono gli Stati Uniti ad aver ricevuto più della metà della migrazione familiare (nel 2012 680 mila persone hanno ricevuto lo status di cittadini americani o residenti permanenti). Un aumento del flusso appartenente a questa categoria si è verificato in Svezia (+26 per cento), in Svizzera (+16 per cento), in Canada (+ 15 per cento), in Australia e in Francia (entrambe +7 per cento). Una diminuzione, invece, c’è stata in Spagna, Belgio e Portogallo.