Esce oggi nelle sale italiane ”The Lady”, il film di Luc Besson che racconta la vicenda umana e politica della leader birmana e premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, la figlia del padre dell’indipendenza della Birmania, leader della Lega nazionale per la democrazia e premio Nobel per la pace nel 1991.
La sezione italiana di Amnesty International, che ha patrocinato il film, ricorda la vicenda della donna, tornata in liberta’ e all’impegno politico dopo aver trascorso 15 dei 21 anni precedenti agli arresti domiciliari: dal 1989 al 1995, dal 2000 al 2002 e dal 2003 al 2010.
Aung San Suu Kyi faceva parte di un totale di oltre 2.200 prigionieri politici, in maggioranza prigionieri di coscienza, arrestati prevalentemente durante la cosiddetta ”rivoluzione zafferano” del 2007. Centinaia di questi, alla data del rilascio della leader, erano stati trasferiti in carceri lontane rendendo ancora piu’ difficili le visite di medici, avvocati e parenti e numerose erano le denunce di tortura.
Malgrado le recenti amnistie, ricorda Amnesty, restano in carcere 1.000 prigionieri di coscienza, condannati sulla base di norme vaghe, utilizzate sovente dalle autorita’ birmane per criminalizzare il dissenso politico e detenuti in condizioni agghiaccianti, con cibo e servizi igienici inadeguati e senza cure mediche.
Tra i casi citati in ”The Lady” anche quello di U Kyi Maung, membro della commissione esecutiva centrale della Lega nazionale per la democrazia, prelevato dalle forze di sicurezza dalla sua casa di Yangon nelle prime ore del mattino del 23 ottobre 1996, con l’accusa di coinvolgimento nelle proteste studentesche. U Kyi Maung e’ stato un prigioniero di coscienza dal 1990 fino a marzo 1995, quando venne rilasciato dalla prigione di Insein.