Si è tenuto a Cuneo, nella giornata di venerdì 16 settembre, l’evento finale del progetto FORMA. L’iniziativa aveva come scopo il fornire formazione, opportunità e risorse per i migranti che occupano posti di lavoro nel settore dell’agricoltura presenti nelle regioni partecipanti (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Marche, Lombardia). Come tristemente noto in questi tipi di attività sfruttamento, illegalità e violazione dei diritti dei lavoratori sono all’ordine del giorno: un esempio di diseguaglianza sostanziale è la differenza di salari tra lavoratori nativi e lavoratori migranti, in tutte le regioni è infatti maggiore per i nativi. Inoltre le mansioni richieste dalla prestazione lavorativa sono elementari e non contribuiscono alla formazione inclusiva dei lavoratori, bensì ad inserirli in un macchinario dal quale è troppo complicato uscire senza gli strumenti adatti: vengono a mancare mezzi informativi adeguati per quanto riguarda i diritti del lavoratore, e nonostante per Costituzione l’Italia è un paese che dovrebbe dare un enorme valore al lavoro, al lavoratore e alla sua libertà le istituzioni non agiscono in modo deciso e risoluto. Di conseguenza, se i migranti non sono a conoscenza della legge vigente in Italia, se sono arrivati illegalmente e senza documenti o non hanno qualcuno che possa rappresentarli in alcun modo, approfittarsene è molto più semplice: il datore di lavoro, in un mercato feroce e dovendo competere con industrie di dimensioni significativamente più grandi di un’azienda agricola di piccole-medie dimensioni, vede l’opportunità e se ne approfitta, violando la legge per convenienza e con nessun rispetto per la persona.
Due relatori discutono del progetto e delle prospettive future.
Il progetto ha raggiunto gli obiettivi prefissati utilizzando una struttura di governance locale detta place based: essa consiste nell’utilizzo e coinvolgimento del capitale sociale di un territorio per migliorare le condizioni di vita. E’ stata eseguita un’analisi dei territori e uno studio dei dati raccolti per dedurre il modo migliore di gestire e utilizzare le risorse.
L’analisi dei territori è stata gestita facendo compilare 208 questionari a cittadini che provengono da paesi terzi, vittime o potenziali vittime di sfruttamento lavorativo o beneficiari dell’attività del progetto. Sono stati raccolti dati demografici e socio economici (percentuali di occupati, percentuali occupazioni in nero, stipendi medi), ed intervistati funzionari, resposabili operativi od operatori del progetto, sindacalisti o imprenditori della zona. Essendo un progetto ambizioso e difficile da strutturare, gli ideatori hanno implementato la metodologia Quality Management, che consiste nell’adottare un sistema comune per garantire qualità e potenziamento alla struttura del progetto con strumenti in grado di verificarne adeguatezza, coerenza e conformità rispetto agli obiettivi. Questo si tradotto in un determinato numero di report in cui si è discusso dei punti critici e dei punti di forza del lavoro svolto, andando a correggere lì dove necessario.
Grazie a queste strategie sono stati raggiunti importanti risultati, come ad esempio la creazione di un’applicazione mobile chiamata “Pick up job” per l’agevolazione dell’incontro tra domanda e offerta in agricoltura. In più nove aziende agricole sono state coinvolte nel processo di rilascio della certificazione di lavoro etico “100% etica” a cura di HUMUS JOB.
Per quanto riguarda i migranti, 350 cittadini di paesi terzi sono stati coinvolti in programmi formativi per l’integrazione lavorativa, linguistica e abilitativa attivati in ognuna delle regioni partecipanti. Inoltre 700 cittadini di paesi terzi vittime o potenziali vittime sono stati raggiunti dalle attività informative di progetto nei sette sportelli totali attivati.
E’ stato anche messo in atto un ciclo di webinar chiamato “Seminare legalità: lavoro etico, consumi responsabili e innovazione nel comparto agroalimentare“. composto da 5 appuntamenti informativi e di sensibilizzazione con esperti, dibattiti, conferenze, tavole rotonde e seminari.
Per coinvolgere più persone possibili sono stati realizzati 17 diversi eventi coinvolgendo i partner di progetto, docenti ed esperti, aziende agricole e cittadini.
Momento di dibattito. Le sedie a cerchio simboleggiano spesso la parità di valore nella parola, ed in questo caso non è solo un simbolo.
Questo tipo di progetti continuano anno dopo anno a dare un grande contributo alla creazione di reti di supporto e informative che mirano ad includere i migranti nella società, nonostante sia una problematica difficilissima da affrontare. La volontà di vedere e agire per fare di queste persone una ricchezza che va oltre la capacità produttiva è la chiave della convivenza civile e dello scambio culturale tra popoli. L’inclusione non è il rinunciare al proprio spazio per darne agli altri, l’inclusione è lavorare insieme per far sì che tutti possano avere il proprio spazio e i propri sogni. E’ tempo per le istituzioni di agire concretamente su questi temi e gli obiettivi raggiunti da FORMA e la pazienza e l’ambizione degli operatori dimostrano che si è sempre un passo dalla soluzione, bisogna solo trovare la volontà di affrontare le difficoltà.
2014-2020 –
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