• Mar 11, 2024
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Anche i diritti economici, sociali e culturali, tra i quali i diritti al cibo, alla casa, all’educazione o alla salute, sono divenuti oggetto di un meccanismo giuridico di garanzia internazionale.
I governi saranno quindi chiamati a rispondere per la loro eventuale mancanza o per la loro limitazione ai soli cittadini del proprio Stato: dovranno goderne anche coloro che si trovano sul territorio nazionale privi della cittadinanza siano essi turisti, lavoratori temporanei o immigrati; peraltro i vincoli di tutela dello Stato scavalcheranno anche i confini extraterritoriali, nel caso in cui i propri comportamenti possano danneggiare altri esseri umani all’estero si pensi ai danni ambientali.
Non mancano gli esempi di quanto, troppo spesso, i governi facciano promesse a vuoto e non adempiano ai loro obblighi internazionali in materia. Ad esempio, alcuni non intraprendono le misure necessarie per garantire un’eguaglianza sostanziale ai gruppi emarginati, specialmente a chi ha minori risorse economiche. Alcuni non riescono a prevenire, indagare e punire i responsabili di abusi dei diritti umani, specie nel settore ambientale o in quello occupazionale come si è visto nel tragico caso dell’Ilva di Taranto. Altri ancora violano deliberatamente i diritti delle persone, ad esempio quando le sgomberano forzatamente dalle loro abitazioni e le lasciano senza un alloggio adeguato, o ancora quando non assicurano il diritto al cibo alla popolazione.
Nel generale disinteresse della stampa e dell’opinione pubblica, da pochi giorni è caduto un tabù giuridico fondamentale del sistema internazionale di tutela dei diritti umani.
L’inserimento della mera programmazione dei diritti economici, sociali e culturali nelle agende dei governi dovrà lasciare il posto alla definizione delle risorse economiche, istituzionali, umane finalizzate a garantire il loro effettivo godimento.
viaWelfare – austerità: 1-0 sul campo del diritto internazionale / Notizie / Home – Unimondo.

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Un articolo di Sbilanciamoci sulle differenze di reddito in Italia. La distribuzione del reddito in Italia risente delle caratteristiche della famiglia di origine. Stralcio da un articolo del dossier di MicroMega sull’eguaglianza, che sarà discusso lunedì 13 maggio a Roma La misura più utilizzata dagli economisti per quantificare l’associazione dei redditi di genitori e figli è il coefficiente di elasticità intergenerazionale dei redditi, che indica di quanto aumenta il reddito del figlio all’aumentare di un punto percentuale di quello del genitore (…). Sulla base di questo indicatore è possibile delineare una graduatoria dei paesi Ocse in termini di trasmissione intergenerazionale delle diseguaglianze dei redditi. I paesi nordici e il Canada sono caratterizzati da un grado di fluidità sociale relativamente maggiore, mentre Stati Uniti (contrariamente alla visione romanzata della “terra delle opportunità”), Svizzera, Regno Unito e Italia sono (e di molto) i paesi con maggiore persistenza intergenerazionale delle diseguaglianze salariali (…). Ma modelli teorici e analisi empiriche spesso indagano la persistenza intergenerazionale senza distinguere gli effetti che il background familiare può esercitare nelle diverse fasi della vita individuale, in particolare nella fase formativa (l’effetto “indiretto”) e – a parità di istruzione – in quella lavorativa (l’effetto “diretto”). Distinguere questi due effetti può invece aiutare a capire perché i paesi differiscano tanto in termini di diseguaglianza intergenerazionale: un basso β (coefficiente di elasticità intergenerazionale, ndr) può ad esempio dipendere sia da una debole influenza del background in ogni fase di vita, sia dall’assenza di impatto in uno specifico snodo. viaDi padre in figlio. L’Italia che non cambia / italie / Sezioni / Home – Sbilanciamoci.

  • 11 Marzo 2024
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Mogadiscio non è riuscita a riportare sicurezza e stabilità in tutto il paese, ma i progressi dell’ultimo anno sono innegabili. Senza i capitali esteri, fondamentali interventi strutturali restano impossibili. Gli errori dell’Italia.

[Carta di Laura Canali] Ha parzialmente deluso le aspettative la conferenza per la “Ricostruzione della Somalia e l’Esibizione delle Opportunità di Investimento”, inaugurata a Nairobi il 28 maggio scorso. Nonostante le manifestazioni di intento della comunità internazionale e le ripetute assicurazioni di supporto economico e politico al governo somalo, il risultato è stato poco più che simbolico, soprattutto in conseguenza del perdurare dell’instabilità in larga parte del paese e delle difficoltà a far ripartire l’economia locale. All’apertura dei lavori, il premier somalo Abdi Farah Shirdon ha sottolineato che solo un paio di anni fa una conferenza come quella di Nairobi sarebbe stata pressoché impossibile, ricordando il poderoso sforzo fatto dalle autorità somale nel corso dell’ultimo anno per ristabilire in larga parte del paese la sicurezza e la stabilità. Molta strada deve essere ancora percorsa per stabilizzare definitivamente la Somalia, ma i passi compiuti nel 2012 e nel 2013 sono stati per Shirdon assolutamente straordinari. È innegabile che la situazione politica, militare, economica e sociale della Somalia centro-meridionale sia radicalmente mutata nel corso degli ultimi mesi; questo grazie anche al poderoso sforzo della comunità internazionale per interrompere la dinamica di crisi che rendeva ingovernabile il paese sin dal 1991. viaPoco e lentamente, ma la Somalia sta meglio – rivista italiana di geopolitica – Limes.

  • 11 Marzo 2024
  • 2 minutes

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