• Mar 11, 2024
  • 4 minutes

(EveryOne Group Human Rights)
All’attenzione urgente del governo del Sudan, delle Nazioni Unite, del Consiglio d’Europa, della società civile
Roma/Karthoum, 21 ottobre 2012. Traffico di esseri umani nel Sinai: un fenomeno atroce che dimostra da anni come le autorità politiche e religiose dell’Egitto, del Sudan e degli altri paesi coinvolti in questo barbaro commercio si mostrino indifferenti e spesso complici del crimine organizzato e dei movimenti terroristici, che traggono finanziamento proprio dalla vendita di armi, droga, esseri umani e organi. Un fenomeno che ci rivela come la vita umana di chi è povero e perseguitato non valga nulla neppure per le organizzazioni governative, non governative e sovrannazionali che avrebbero il compito statutario di di difenderla. Il denaro e il potere, anche se provengono da crimini atroci, consentono ai loro perpetratori di diventare “intoccabili”, corrompendo le autorità e acquistando posizioni di prestigio. Gli eroi, in questa barbarie che si svolge sotto gli occhi di un mondo indifferente, sono pochi e da tanto tempo chiedono alle istituzioni di interrompere il commercio di schiavi, l’omicidio di giovani profughi finalizzato al commercio di reni e altri organi umani, l’abuso sessuale di donne e bambini perpetrato da sadici aguzzini, le torture cui i predoni sottopongono i loro prigionieri. Sembra impossibile che certi orrori accadano in un’epoca in cui si tengono annualmente migliaia di conferenze sui diritti umani, si pubblicano libri e rapporti che condannano lo schiavismo, la tortura, la tratta di donne e bambini per il mercato criminale della prostituzione e degli organi. Sembra incredibile che le autorità e le organizzazioni umanitarie siano in possesso degli stessi numeri telefonici usati dai predoni per estorcere riscatti pesantissimi alle famiglie di profughi in loro potere, le cui grida disperate le inducono a pagare fino a 50 mila dollari pro capite, quasi sempre indebitandosi con altri criminali. Sembra incredibile che nessuno si muova per combattere questa barbarie, che non si svolge più solo in Eritrea (dove agenti del governo e disertori collaborano con i trafficanti), in Sudan, in Egitto e negli altri paesi arabi, ma anche in Israele, in Europa e in tutto il mondo, dove complici degli schiavisti si mettono a disposizione per ricevere – attraverso agenzie di money transfer o conti bancari – il denaro dei riscatti. Oltre ai predoni del Sinai, alla rete di criminali Rashaida e ai movimenti del terrore (Al Quaeda e i gruppi fondamentalisti armati), molti eritrei, etiopi e sudanesi, anche con lo status di rifugiati, fanno ormai parte della rete criminale che si è estesa ovunque e collabora con le grandi mafie internazionali. Le denunce da parte di organizzazioni impegnate in questa difficile azione di contrasto al traffico – Agenzia Habeshia, Gruppo EveryOne, New Generation Foundation for Human Rights, Ong Gandhi, Eritrean Refugees Protection Group, Icer, America Team for Displaced Eritreans, Eritrean Youth Solidarity for Change ( EYSC) e poche altre – cadono spesso nel vuoto e solo di rado hanno indotto le autorità a intervenire per liberare gli ostaggi e perseguire i criminali. Oggi, 20 ottobre 2012, abbiamo inviato a tutte le autorità e istituzioni del Sudan e a quelle internazionali una nuova lista di complici del traffico di esseri umani e organi. Gli attivisti umanitari che lavorano per ottenere queste informazioni rischiano la vita sia nei paesi coinvolti dalla tratta, sia all’estero, perché la criminalità organizzata e i movimenti terroristici che gestiscono il commercio di schiavi e organi umani sono diffusi ovunque e – repetita juvant – lavorano in sinergia con la mafia internazionale. Alcuni difensori dei diritti umani sono già stati uccisi, altri hanno visto i criminali colpire i loro figli e le loro famiglie. Il loro coraggio non sarà vano solo se indurrà le istituzioni e le autorità ad abbandonare le loro posizioni di indifferenza e ad agire, in nome dei valori basilari della civiltà. La lista inviata alle autorità è completa di nomi, cognomi e altri dati che identificano i criminali al di là di ogni dubbio, mentre la lista diffusa presso la società civile e i media (qui di seguito)comprende solo le iniziali dei cognomi e non cita il nome dei locali presso cui alcuni criminali lavorano. La lista proviene da fonte sicura, che ci ha già aiutato in importanti azioni umanitarie contro il traffico di profughi eritrei:
Teshome H. – Eritreo da Sesewe; Yohanes Tsegay H. (24) – Eritreo da Mereta Sebene; Biniyam H. (35) – Eritreo da Golij – opera a Khartoum; Musie T. (46) – Eritreo; Ibrahim F. E. (40) – Eritreo – opera a Shegeraib; Ahmed Salh K. – Sudanese – opera a Shegeraib (gestisce un locale); Nasr Edris H. (30) – opera a Shegeraib; Ahmed G. (35)- opera a Shegeraib – Ali E. -Sudanese – opera a Shegeraib (lavora in una caffeteria); Ahmed E.- Sudanese – opera a Shegeraib – (lavora in una caffeteria): Ahmed A.

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By Simon Martelli (AFP) – 1 day ago CASABLANCA, Morocco — Morocco is seeing an alarming rise in the number of babies abandoned by single mothers, activists said on Saturday, blaming social prejudice and outdated legislation for the problem. “According to the information we have gathered, from people who take care of abandoned children born outside marriage, the numbers are getting much worse,” said Omar Kindi, organiser of a conference on violence and discrimination against single mothers and children. The existing statistics were bad enough. According to a study carried out by Insaf, an NGO that supports women and children in distress, of which Kindi is the president, 27,200 young women gave birth outside marriage in 2009, with a total of 8,760 babies abandoned. That equates to 24 babies per day on average. Morocco has witnessed a population boom and rapid urbanisation in recent decades, leading to ever-growing levels of interaction between single men and women in the relatively conservative Muslim country. Kindi and other activists argue that attitudes and legislation have failed to keep pace with social change, as starkly illustrated by Article 490 of the penal code according to which extra-marital sex is punishable by up to a year in jail. Doctors in public maternity hospitals may refuse to treat pregnant young women who are not married, Kindi said, even if they are victims of rape by their employers. “One of the major problems… is the total disengagement of the state,” Kindi told AFP. Aicha Echanne, another speaker at the Casablanca conference, said the “mentality of society” and the lack of support for single mothers, who are often aggressively treated by officials, were driving factors behind new-born children being abandoned. “We need to shake Moroccan society, and to put pressure on the state, on parliament, to bring about change,” said Echanne, who heads the Association of Women’s Solidarity. “From 1990 to 2009, 23,000 babies were buried in cemeteries in Casablanca (Morocco’s largest city). That gives you an idea that our children are being thrown away. They get eaten by dogs or are buried.” “It is not normal, from a humanitarian point of view, to accept this type of thing,” she added. As well as changing the law, activists emphasise the need for sexual education in Morocco to avoid unwanted pregnancy, with more than 60 percent of single mothers under 26 years old, according to Insaf, and many of them illiterate. But with an Islamist-led government in power since January, some are doubtful about the prospects of any such initiatives. Kindi says Insaf, which is based in Casablanca and employs 34 people, used to receive 10 percent of its budget from state funds, but that the new government has stopped supporting it together. “We have asked to talk to the minister of social affairs (Bassima Hakkawi). But we still haven’t received a response from her,” he added. Hakkawi could not immediately be reached for comment.

  • 11 Marzo 2024
  • 4 minutes
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(Radiovativana.va) La vita umana di chi è povero e perseguitato non vale nulla. E’ su questo assurdo criterio che si basa il traffico di schiavi e organi umani che si svolge nel Sinai, con radici in Eritrea e importanti riferimenti in Sudan. Da ieri, un nuovo importante tassello si aggiunge nella lotta che diverse Ong conducono da anni a sostegno di migliaia di giovani rapiti e uccisi sotto gli occhi indifferenti del mondo. Ne parla Roberto Malini, presidente del “Gruppo EveryOne”, al microfono di Gabriella Ceraso: R. – Noi abbiamo avuto, grazie a dei difensori dei diritti umani locali, una serie di nomi – undici nomi – di basisti, molti dei quali purtroppo di nazionalità eritrea, che sono nel campo profughi di Shegherab in Sudan, dove si ritrovano migliaia di eritrei. Questi basisti conoscono bene le tradizioni e le abitudini degli eritrei e lavorano proprio all’interno di locali nel campo: partecipano alle operazioni di convincimento, rivolte ai ragazzi eritrei e di altre nazionalità, che desiderano spostarsi con il sogno di raggiungere Israele. Oppure, addirittura, partecipano ad azioni di rapimento. Abbiamo fatto i loro nomi, li abbiamo trasmessi al governo del Sudan, alle Nazioni Unite, al Consiglio d’Europa, alle grandi organizzazioni che hanno la possibilità di intervenire. Quanto meno speriamo che la popolazione del campo venga a conoscenza dei nomi di queste persone e che queste possano così sentire una certa pressione esercitata sul loro lavoro criminale. D. – Non è la prima volta che avete o che fornite liste, eppure nessuno si muove. L’immobilismo politico è ancora il problema fondamentale? R. – Sicuramente. Abbiamo ormai i nomi sostanzialmente di tutti i trafficanti del Sinai e abbiamo avuto qualche intervento, ma assolutamente insoddisfacente rispetto alle aspettative. Però, la grossa responsabilità di quello che accade è in Eritrea. Abbiamo sentito testimonianze di figure legate al traffico che sono poi nomi grossissimi delle forze armate eritree. Questo traffico, che parte dagli “intoccabili” eritrei, si muove poi con gli “intoccabili” del Sudan, dove c’è corruzione ovunque, e prosegue in Egitto. Ecco, il vero problema è la corruzione a tutti i livelli: è questo che ci spaventa molto. Ed è questa, poi, la grande battaglia umanitaria da combattere. Il miglioramento è che ora il mondo lo sa e che esiste una rete reale, che ha attivisti anche sul posto, e che è in grado veramente di risolvere alcuni casi e di fornire le nuove dinamiche di questo traffico. E questo è molto importante. Nonostante tutto ciò, i numeri sono ancora altissimi: i milioni di dollari che girano in questo enorme traffico sono veramente tanti, e quindi c’è tantissimo da fare e a livello numerico i risultati non sono assolutamente soddisfacenti. Diciamo che forse il traffico di esseri umani si è ridotto di un 10 per cento, e quindi la speranza è questa: che da questi primi risultati virtuosi si possa arrivare ad una presa di posizione più coraggiosa da parte delle istituzioni e quindi ad una vera azione globale contro il traffico. In quel caso, pensiamo che in questo momento – poiché sappiamo tutti come sono i trafficanti, come si svolge il traffico – perché non ci sono più misteri, sarebbe abbastanza fattibile l’idea di smantellarlo.

  • 11 Marzo 2024
  • 4 minutes

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